“Chi non parla, sa. Chi parla, non sa.”
Quando Mao Tse Tung pronunciò questa
frase non pensava certo ai recensori, ma credo ci si applichi alla perfezione.
I recensori sono coloro che non sanno ma
parlano, anzi straparlano.
Iniziamo dal principio (cosa non
scontata, per uno scrittore).
Di recente mi sono confrontata in una
bella “on writing session” con un altro scrittore e a un certo punto il
discorso è scivolato su una recensione che ha ricevuto su un sito.
Niente di nuovo: le solite banalità
scontate sullo stile, i personaggi che non vanno mai bene, lo svolgimento che
soddisfa fino a un certo punto...
Insomma, chi fa parte del mondo dell’arte
è avvezzo a queste cose.
I recensori appartengono infatti alla
specie dei critici: non operano sul campo (se lo hanno fatto, è ormai storia
antica), si danno un sacco di arie e soprattutto devono sempre giudicare.
In negativo, ovviamente.
Il mio amico scrittore era giù di corda
perché in cotale recensione si era trovato queste parole: “boh...vedremo... sempre
sperando che l’autore si prenda il disturbo di leggere le recensioni, e ne
raccolga i consigli x una più gratificante lettura...pace amen”.
A colpo d’occhio ho creduto che avesse
scritto un analfabeta (soprattutto per quella x. Scrivere la parola “per” pare
sia diventato obsoleto, come essere umili e chiudere la bocca al momento giusto).
Confermata questa mia idea, gli ho
chiesto dove fosse il problema. Mi ha risposto che non si aspettava proprio di
sentirsi apostrofare in quel modo.
Al che gli ho spiegato che una
recensione, così come una critica, è qualcosa di assolutamente personale ed è
raro trovare qualcuno che sia “oggettivo” proprio perché nel solo esprimere un’opinione
non può esserci oggettività.
Io ad esempio trovo Baricco soporifero e
adoro King, ma sono mie idee e non mi azzarderei mai a scrivere qualcosa come “sempre
sperando che l’autore si prenda il disturbo di leggere le recensioni”: mi
cadano le mani seduta stante, sarebbe una gravissima mancanza di rispetto verso
il lavoro di due artisti!
E lui: ma se fossero stati Baricco o
King a scriverti qualcosa del genere, tu che avresti fatto?
Che avrei fatto?
Avrei ascoltato, senza dubbio, ma non è
assolutamente detto che mi sarei presa la briga di seguire “gli stimati
consigli”.
Un artista che non segue la propria via,
a dispetto dei vari critici che non sanno ma parlano, non si può dire un vero
artista.
Perciò, come ho detto al mio amico, vai
dritto per la tua strada a testa alta e ricorda sempre che “si sa che la gente
dà buoni consigli, sentendosi come Gesù nel Tempio, si sa che la gente dà buoni
consigli se non può più dare cattivo esempio”.