Mi sento una pecora azzurra (il nero è ormai abusato) in mezzo a tante
pecore bianche.
Qualche tempo fa ero impegnata in una ricerca e mi imbatto in una
discussione su un forum in merito al blocco dello scrittore.
Mi soffermo a leggere per curiosità e mi imbatto in asserzioni come
queste:
-non sempre tutti quelli che fanno della
scrittura il loro lavoro, si divertono scrivendo.
-scrivere può essere un’attività noiosa e
frustrante.
-il foglio bianco è il più grande spauracchio
di un artista.
Al che mi sento
strana.
Mi volto verso
la libreria e noto la solita vecchia mensola sparsa di quaderni pieni di trame
da sviluppare, ricerche, documenti, volumi che devo consultare...
Apro la scatola
di latta vicino al pc e ne escono fogli scritti a mano da ricopiare
(ricacciarli dentro è un’impresa).
Avvio un foglio
di Word e inizio a scrivere, come accade tutti i giorni (salvo impegni
eccezionali).
Blocco dello
scrittore?
Scrivere è
noioso? (oddio, semmai lo è revisionare, ma assieme al piacere c’è anche il
dovere!)
No, dico, volete
prendermi per la parte oscura?
Scrivere è una
professione come tante altre. C’è chi insegna, chi fa l’idraulico (e beato lui
che prende un sacco di soldi più di quanti ne vedo io!), chi il meccanico...
Dove sta il
problema?
Al che prende
forma una domanda nella mia testa: ma quelli che hanno il blocco, perché
scrivono?
Soprattutto,
amano scrivere?
Io non mi vedo
certo come Dante Alighieri (magari!) né come la pluripremiata premio X, mi vedo
piuttosto come il protagonista dei film “Una notte al Museo” che si è trovato
per caso a fare il guardiano notturno ed è arrivato dove mai pensava di
arrivare.
Faccio un
lavoro, che per me è il più bello del mondo, e mai e poi un foglio bianco mi
spaventerà.
Figuriamoci, io sto male se non scrivo!
Perciò chi ha
il blocco si chieda se davvero scrivere è ciò che vuole, perché forse non è
così.
Nessuno può darle consiglio o
aiuto, nessuno. Non v’è che un mezzo. Guardi dentro di sé.
Si interroghi sul motivo che le
intima di scrivere; verifichi se esso protenda le radici nel punto più profondo
del suo cuore; confessi a se stesso: morirebbe, se le fosse negato di scrivere?
Questo soprattutto: si domandi,
nell’ora più quieta della sua notte: devo scrivere?
Frughi dentro di sé alla ricerca
di una profonda risposta.
E se sarà di assenso, se lei
potrà affrontare con un forte e semplice «io devo» questa grave domanda, allora
costruisca la sua vita secondo questa necessità.
La sua vita, fin dentro la sua
ora più indifferente e misera, deve farsi insegna e testimone di questa
urgenza.
(Rainer Maria Rilke)