Lo scrittore è il perfetto menzognero: scrive bugie e riesce a farti credere che siano vere.

25/11/16

Ferite e morte. Un libro che tutti dovrebbero leggere.





Luisa, Ornella, Marcella, Angela, Chiara, Franca...
Hanno tanti nomi le donne che questo giorno vengono ricordate, e non certo per un’occasione felice.
Il 25 novembre si ricordano infatti tutte le vittime di violenza contro le donne, una barbarie che viene perpetrata dalla notte dei tempi da parte di “uomini” che credono di potere risolvere ogni cosa con la violenza, l’umiliazione, il ricatto e a volte persino la morte.

Il libro che mi sento di consigliare per un giorno importante come questo, denso e carico di riflessioni, è “Ferite a morte” di Serena Dandini e Laura Misiti.

Nato come un progetto teatrale sul femminicidio scritto e diretto da Serena Dandini. Un’ antologia di monologhi sulla falsariga della famosa Antologia di Spoon River di Edgar Lee Master costruita con la collaborazione di Maura Misiti, ricercatrice del CNR. I testi attingono alla cronaca e alle indagini giornalistiche per dare voce alle donne che hanno perso la vita per mano di un marito, un compagno, un amante o un “ex”.
Presentato prima in forma di lettura-evento, ha visto  numerose donne illustri e note al grande pubblico facenti parte del mondo della cultura, dello spettacolo, della politica e della società civile,  dare voce a un immaginario racconto postumo delle vittime, creando un’occasione di riflessione e di  coinvolgimento dell’opinione pubblica, dei media e delle istituzioni.

“Tutti i monologhi di ‘Ferite a morte’ – spiega Serena Dandini – ci parlano dei delitti annunciati, degli omicidi di donne da parte degli uomini che avrebbero dovuto amarle e proteggerle. Non a caso i colpevoli sono spesso mariti, fidanzati o ex, una strage familiare che, con un’impressionante cadenza, continua tristemente a riempire le pagine della nostra cronaca quotidiana. Dietro le persiane chiuse delle case italiane si nasconde una sofferenza silenziosa e l’omicidio è solo la punta di un iceberg di un percorso di soprusi e dolore che risponde al nome di violenza domestica. Per questo pensiamo che non bisogna smettere di parlarne e cercare, anche attraverso il teatro, di sensibilizzare il più possibile l’opinione pubblica”.