Colpa della scuola.
Dei docenti (va beh, facciamo un favore a chiamarli così) che non sanno
trasmettere pathos (tanto hanno lo stipendio fisso, cosa gli interessa del
pathos?), che assegnano le letture a quegli alunni che sono ancora allo stadio
evolutivo dei Neanderthal e quindi non sanno leggere, che procedono nei
programmi come tante stupide macchinette e guai a uscire dai binari.
Finisce così che tutti nella vita, compresa la sottoscritta, abbiamo
detestato i classici per un po’ di tempo (qualcuno, a dire il vero, li odia
ancora).
Calvino cita ben quindici motivi e dice inoltre che i classici vanno
letti perché sono romanzi di formazione.
Io dico che c’è di più.
Anzitutto il tempo. Tutto muore, in questo nuovo Millennio anche
piuttosto in fretta, ma un classico no.
Se persone come Omero, Virgilio, Dante, Virginia Woolf, Salgari, Wilde,
Voltaire, Dostoevskij e tantissimissimi altri che non sto a citare per non
farla lunga sono giunte fino a noi un motivo deve pur esserci.
Inoltre tutto ciò che noi siamo, pensiamo, facciamo e diciamo è stato
già scritto in un classico.
L’uomo che andrà su Marte è Ulisse, le donne che combattono per i loro
diritti sono come le sorelle March, i ragazzi di oggi che cercano se stessi non
sono poi diversi dai giovani di On the road... quindi leggere un classico è una
scoperta di noi stessi, un approfondimento della nostra anima, un modo di
vedersi attraverso uno specchio.
Ultimo ma non meno importante.
Leggere un classico fa cultura sdoganabile, non soltanto accademica.
Immaginate che bella figura trovarsi fuori con gli amici e sapere che Ariosto
non è solo una marca di aromi per gli arrosti?
Oppure sfoderare una citazione di Shakespeare che fa sempre
intellettuale chic?
O meglio, sorprendere qualcuno e dire “un altro paio di maniche? Amico
mio, siamo tutti buoni a copiare Manzoni!”.
Provateci, vedrete quanto sarà bello leggere un classico!