Parliamo ancora di editoria, in particolare di diritti d’autore.
Volevo partecipare a un concorso letterario, uno di quelli grossi dove
c’era in ballo la possibilità di essere pubblicati da una casa famosa.
Ma ho deciso di non farlo per due motivi.
Il primo è prettamente economico: non ho 1000 e passa euro da regalare
ad una casa editrice per avere la possibilità di farmi pubblicare (e comprare
in cambio qualcosa come 120 copie del libro che devo poi riuscire a far
vendere) senza comunque avere garantiti servizi basilari come revisione,
grafica e editing prepubblicazione.
Il secondo è intellettuale: per pubblicare dovrei rinunciare ai diritti
d’autore perché sono un’autrice self e ho scoperto che le case editrici
maggiori non considerano le case self loro pari.
Poi poco importa che ogni libro self riceva dallo Stato il magico
codice ISBN, quello che fa della tua opera un’opera regolarmente pubblicata e
tutelata dalle leggi del tuo paese.
Poco importa se self non vuol dire “non regolarmente pubblicato” ma
significa che la casa in questione ti dà la possibilità di pubblicare da solo
(quindi senza mediazione terzi, eccetto lo staff della casa self) con i tuoi
collaboratori o avvalendoti dei loro servizi (che si pagano, ma almeno hanno un
prezzo umano).
Così mi sono chiesta: qual è la differenza sostanziale fra una grande
casa editrice e una self?
Facile: se pubblichi con una casa editrice famosa ti fanno rinunciare
ai diritti d’autore.
Se pubblichi con una self no, la proprietà intellettuale dell’opera e i
suoi diritti sono sempre e solo tuoi.
Questo perché in Italia (come in tanti altri paesi del mondo) per
pubblicare un’opera è necessario sì stipulare un contratto ma non è necessario
rinunciare ai diritti d’autore.
Perché dunque le case editrici maggiori impongono la scelta di
rinunciare ai diritti d’autore con contratti capestro che possono durare fino a
vent’anni?
Semplice, perché in questo modo l’autore non è più proprietario della
sua opera, non può più dire niente se per caso viene modificata o tolta dalla
vendita e perde la maggior parte dei guadagni che spettano all’editore.
Con le case self invece il rapporto è diverso, più “alla pari” nel
senso che le case ci guadagnano le stesso ma lo fanno attraverso le royalties
ovvero le percentuali sulle singole vendite (permettendo comunque all’autore un
guadagno maggiore rispetto a quello che avrebbe con le case editrici maggiori) e
sulla qualità dei servizi offerti: ecco perché il rapporto con l’autore è molto
diverso.
Penso, per chiudere il post, che l’editoria così com’è non funziona.
C’è il vecchio, la baronia delle case editrici maggiori che rimane
paludata in terreni ormai morti, e il nuovo, il self unito al digitale, che
decolla e vorrebbe volare alto ma spesso è ostacolato d mentalità troppo
chiuse.