“In principio dunque, non peste,
assolutamente no, per nessun conto: proibito anche di proferire il vocabolo.
Poi, febbri pestilenziali: l'idea
s'ammette per isbieco in un aggettivo.
Poi, non vera peste, vale a dire peste
sì, ma in un certo senso; non peste proprio, ma una cosa alla quale non si sa
trovare un altro nome. Finalmente, peste senza dubbio, e senza contrasto: ma
già ci s'è attaccata un'altra idea, l'idea del venefizio e del malefizio, la
quale altera e confonde l'idea espressa dalla parola che non si può più mandare
indietro.
Non è, credo, necessario d'esser molto
versato nella storia dell'idee e delle parole, per vedere che molte hanno fatto
un simil corso.
Per grazia del cielo, che non sono molte
quelle d'una tal sorte, e d'una tale importanza, e che conquistino la loro
evidenza a un tal prezzo, e alle quali si possano attaccare accessori d'un tal
genere. Si potrebbe però, tanto nelle cose piccole, come nelle grandi, evitare,
in gran parte, quel corso così lungo e così storto, prendendo il metodo
proposto da tanto tempo, d'osservare, ascoltare, paragonare, pensare, prima di
parlare.
Ma parlare, questa cosa così sola, è
talmente più facile di tutte quell'altre insieme, che anche noi, dico noi
uomini in generale, siamo un po' da compatire.”
Tutto quello che c’è da dire dire sul
coronavirus lo scrisse Manzoni nei suoi Promessi Sposi (capitolo XXXI).
Ne uccidono più l’ignoranza, la paura e
la psicosi che il virus in sé.
Decisamente certe persone sono da
compatire, oltre che da biasimare.