Si dice che il problema del gender non esista nel mondo dei libri, nel
senso che tutti possono leggere tutto.
Ma è realmente così?
Purtroppo no.
Siamo nel 2020 ma tantissima gente, lettori, scrittori o editori che
siano, è super convinta che “le donne devono leggere libri da donne” e “gli
uomini devono leggere libri da uomini”.
Il che si spiega così: se sei donna devi leggere libri romantici, libri
che parlano di shopping, libri che raccontano storie di donne “straordinarie”,
libri gialli (al massimo), libri di cucina ma non di più.
Se sei uomo puoi leggere tutto, eccetto i libri per donne (tranne i
gialli, quelli puoi leggerli).
L’anno scorso, giustappunto, la Newton Compton aveva pensato bene di
pubblicare per la collana “I mammut” due libri: “I magnifici 7 capolavori per
ragazzi” con copertina blu, “I migliori 7 capolavori per ragazze” con copertina
rosa.
Mi dispiace, io non ci sto.
Per me genderizzare i libri è come genderizzare la società: un atto
stupido figlio di pregiudizi antichi e ignoranti che vuole il maschio scevro da
un insegnamento all’educazione sentimentale e immagina la donna come melensa e
patetica ad ogni costo.
E questo anche nel mondo dei libri genera non pochi problemi: giusto per fare un esempio tanti
lettori, anche al giorno d’oggi, disprezzano i libri di qualsiasi genere
scritti da donne perché, appunto, sono
scritti da donne e quindi sono per forza smielati.
Non parliamo poi dei libri LGBT: chissà perché se un libro ha due
uomini o due donne per protagonisti, spesso viene debellato come se fosse
figlio della Peste Nera.
Niente di più sbagliato.
I libri, di qualsiasi genere, se sono belli meritano di essere letti!
Basta con i libri per maschi e i libri per femmine!
Io stessa sono una lettrice e una scrittrice “anomala” per le regole
del gender.
Non faccio distinzione sul sesso dell’autore di un libro, non amo i
libri romantici, sin da bambina adoro il clangore delle spade, le astronavi, il sangue che
scorre, l'assassino che ti aspetta dietro la porta, l’adrenalina, le gesta epiche degli eroi e non ho mai amato il colore
rosa.
No, il mio colore preferito da sempre è l'azzurro.
No, il mio colore preferito da sempre è l'azzurro.
E in merito ai libri di cucina, per me possono anche andare al macero
perché non mi piace cucinare e non mi interessa farlo “in quanto donna”.
Che male c’è?
Dunque, vogliamo uscire da questo tunnel del gender libresco?
9 commenti:
Cara Francesca sono in completo accordo con il tuo pensiero, io daragazxo avido di letture ho amato in è uguale misura Edgar Allan Poe e la Austen con il suo meraviglioso Orgoglio e pregiudizio e oggi che ho passato i settanta non ho mai scelto un titolo sulla base del sesso dell'autore.
Ciao fulvio
Ultimamente leggo volentieri racconti polizieschi e trovo, spesso, le trame scritte da femmine molto più originali e intriganti di quelle di tanti autori maschi.
Ciao fulvio
Francesca, la condanna del gender libresco è una grande intuizione.
Ti abbraccio.
@fulvio
Grazie per il tuo pensiero, è confortante scoprire che non tutti i lettori sono condizionati dal problema del gender.
Visto che ti piaccioni polizieschi, hai mai letto qualcosa di Mary Higgins Clark?
Io amo molto i suoi libri.
Ti abbraccio.
@Gus O.
Grazie, più che altro il post è nato dal fatto di non concepire proprio certi pregiudizi.
Ti abbraccio.
Purtroppo il problema del gender dilaga ovunque, persino nei film.
Sono dell'idea che bisogna smetterla perché inculca idee sbagliate nei bambini.
Io leggo più o meno di tutto, dipende se il libro mi piace.
Baci!
@Olivia Hessen
È vero, il genderismo c'è anche nel mondo del cinema.
Un'altra barriera da abbattere.
Ti abbraccio.
Sono un uomo che he letto Jane Austen e Charlotte Bronte, adoro pure cucinare (e sono pure abbastanza bravo) e nell'ultimo romanzo che ho scritto; per la società degli stereotipi sono un mostro!
Scherzi a parte, parlare di libri "da femmine" e "da maschi" è un orrore.
Il libro racconta una storia, usandola come veicolo per dei contenuti che sono universali. "L'Amante di Lady Chatterley" racconta una passione, ma lo fa per mostrarci come gli istinti naturali del corpo siano l'antidoto alla deumanizzazione, e questo concetto non credo sia femminile; "Jane Eyre" è una storia di anticonformismo e fedeltà estrema a valori personali, così come "Orgoglio e Pregiudizio" è una critica all'ipocrisia dei salotti buoni, e anche questi non credo si possano etichettare come concetti "femminili".
La divisione per genere dei romanzi mostra innanzitutto quanto siamo impantanati negli stereotipi, inoltre ci fa capire quanto dei romanzi ormai si trascurino i contenuti e si consideri solo la trama. Il fatto che una gaffe del genere l'abbia fatta una casa editrice, che della cultura dovrebbe essere custode e promotrice, mostra quanto stia scadendo l'intero ambiente culturale italiano e mondiale.
Concludo facendo un'ulteriore contestazione. Io contesto l'uso dell'etichetta "narrativa LGBT" per quei romanzi che semplicemente raccontano una storia d'amore tra persone dello stesso sesso senza poi affrontare il tema delle discriminazioni nel dettaglio. Mi spiego meglio. Se scrivo dell'amore tra due uomini, e nel farlo descrivo e affronto il dramma del malessere che gli causa la società e dei torti che subiscono, allora posso dire di aver scritto un romanzo LGBT; se scrivo invece della storia d'amore tra uomini e basta, soffermandomi solo sul lato sentimentale, allora ho scritto semplicemente un romanzo rosa per niente diverso da tutti gli altri e per questo etichettarlo come LGBT diventa una discriminazione di genere, perché viene differenziato solo per il sesso dei protagonisti e per questo il tipo d'amore diventa la discriminante, non il contenuto.
Chiedo scusa per il lungo sfogo, ma il tuo ottimo post ha sollevato una questione giustissima e affondato il dito in una dolorosa piaga della cultura italiana, io poi sono polemico e quando mi infiammo divento prolisso.
Baci.
@Francesco Abate.
Scusa? Ma va, mica devi chiedere scusa!
Sì, come vedi anche io sono convinta che siamo impantanati in stereotipi da superare.
Parlando appunto dell'etichetta LGBT sono amica on line di alcune autrici (Artemide Waleys, Mary Fisher, Olivia Hessen e Lucrezia Ruggeri) che fra le loro opere propongono libri dove i protagonisti sono persone omosessuali.
Ma scrivono storie, romanzi, raccontano di sentimenti, di battaglie interiori, di stereotipi da superare... eppure sono costrette dagli editor a mettere la dicitura LGBT che purtroppo è ghettizzante.
Dico, ma che problema c'è se un libro parla di Paolo e Maria, Paola e Maria o Paolo e Mario?
Cambia qualcosa?
Secondo me no, se un libro è bello, interessante e coinvolgente merita di essere letto e non di essere ghettizzato.
Ti abbraccio.
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