Lo scrittore è il perfetto menzognero: scrive bugie e riesce a farti credere che siano vere.

07/12/17

Libri e aria fritta

Era da un po’ di tempo che volevo discutere con voi di questa lettera di Beppe Severgnini (che trovate qui) riguardo il problema degli italiani che non leggono.
L’ho trovata interessante, ma anche infarcita di luoghi comuni e quindi ho provato a rispondere punto su punto.
Voi che ne pensate?

Capire perché tanti italiani non leggono libri è fondamentale.  Ho alcuni sospetti.  
1) Molti non leggono libri perché leggono altro. Le chat di WhatsApp, le notifiche di Facebook, la timeline di Twitter e LinkedIn: la narrativa, nel telefono che portiamo in tasca, è affascinante. I personaggi, conosciuti. Il ritmo, incalzante. Le sorprese, continue (basta avere un fidanzato, come molte lettrici possono testimoniare). Con questi avversari deve misurarsi il libro. Avete dubbi? Salite in autobus, scendete in metro: e osservate dove  puntano  gli occhi della gente.  
Non sono d’accordo, il cellulare è una scusa troppo abusata per dire che una persona non legge.
Anche io possiedo un cellulare con tanto di WhatsApp e compagnia bella, ciò non toglie che se la memoria non mi inganna quest’anno sono arrivata a leggere il diciannovesimo libro.

2) Molti non leggono libri perché ne hanno paura. Troppi volumi intimidiscono. Molti autori si compiacciono d'essere impegnativi. Quasi tutti i titoli in uscita dovrebbero rinunciare a un terzo delle pagine; e ne guadagnerebbero. Nelle case editrici lo sanno, ma sono impotenti. Tanti autori, purtroppo, non ricordano di scrivere per gli altri: si innamorano delle proprie parole.
Da scrittrice, ammetto di non aver compreso fino in fondo questa affermazione.
Autori impegnativi? In che senso, perché riescono a usare due subordinate nella stessa frase o perché superano le 150 pagine?
Perché fanno riflettere?
Va beh, largo all’ignoranza!

3) Molti non leggono libri perché hanno preso fregature. Mentre la recensione cinematografica ha una dignità, quella letteraria è finita da tempo. Finita male. Suicidio. Parlando bene dei brutti libri di conoscenti, o tacendone l'inverecondia, abbiamo perso la fiducia dei lettori. Al posto della recensione, oggi, c'è la segnalazione televisiva: uno splendido libro o un pessimo libro vengono trattati allo stesso modo dal conduttore (che non ha il tempo di leggerli).  Segue acquisto e, spesso, profonda delusione.  
Anche la recensione cinematografica fa pena, vengono esaltati film che poi fanno schifo.
Idem per quella musicale.
La mia domanda è: ma un lettore/fruitore dell’arte in generale è incapace di pensare con la propria testa? Non sa scegliere da solo, va in crisi solo perché qualcosa non gli è piaciuto?

 4) Molti non leggono libri perché ce ne sono in giro troppi. La ricerca del bestseller salva-fatturato è diventata spasmodica. Un tempo gli editori erano pescatori pazienti (perlustravano, pasturavano, sceglievano l'esca, aspettavano). Oggi usano la rete a strascico, e viene su di tutto: il tonno, le boghe e i vecchi pneumatici coperti d'alghe.  
Il bello e il brutto ci sono sempre stati. Severgnini parla a vanvera, un po’ come fa nei suoi libri.

 5) Molti non leggono libri perché ne vogliono scrivere. La pubblicazione è diventata un'ossessione. Una persona che legge bene, invece, è più affascinante di una persona che scrive male. Ma vaglielo a spiegare.
Si potrebbe fare il discorso al contrario, c’è anche chi scrive bene e chi legge male.

Per concludere, mi sembra che Severgnini abbia davvero scritto di aria fritta e che nessuna delle sue “magnifiche” ragioni secondo cui una persona non legge sono molto campate per aria.
Attendo i vostri commenti.