Buongiorno a tutti!
Oggi condivido con voi un’intervista che mi è stata proposta sul forum della mia casa editrice.
Niente di impegnativo, ma penso che sia molto interessante condividerla per avere le idee un po’ più chiare sul mondo del self publishing.
Buona lettura.
Per te che cosa significa essere uno scrittore che si autopubblica?
Significa impegnarsi in un lavoro che è pari a quello che uno scrittore fa quando si affida a una casa editrice, sia essa a pagamento oppure no.
Occorrono dedizione, progettualità, capacità imprenditoriali, appoggiarsi a uno staff di aiutanti se necessario, pazienza e umiltà.
Come hai scoperto e ti sei avvicinata al self-publishing?
L’ho scoperto perché volevo gestire il mio lavoro in modo indipendente e chiaro nell’ambito della remunerazione.
Attraverso Kobo Writing Life ho trovato questo e molto altro.
Quali sono, a tuo parere, i miti da sfatare attorno al self-publishing?
Il primo è che sia una forma di editoria inferiore alle case editrici a pagamento.
Non è assolutamente vero. Si muovono attraverso fasi di elaborazione diverse ma alla fine il risultato è lo stesso: si giunge alla pubblicazione di un libro.
Il secondo mito da sfatare è che i libri pubblicati in self non sono sottoposti alla revisione: ogni piattaforma self mette a disposizione (ovviamente a pagamento) uno staff di revisione, grafica e correzione di bozze. Lo scrittore self, inoltre, può anche affidarsi a queste figure in modo indipendente.
L’ultimo mito da sfatare è che un libro, per essere buono, deve essere pubblicato da una casa editrice con un nome altisonante.
Se un libro è scritto bene, piace a prescindere dal suo editore.
Pensi che sia necessario leggere e frequentare dei corsi di scrittura creativa per scrivere bene?
Leggere sì.
Frequentare un corso di scrittura creativa no.
O sai scrivere o cambi mestiere.
Che rapporto hai con la scrittura e come è cambiato nel tempo? Hai una routine?
Il mio rapporto con la scrittura è in continua evoluzione, i temi che tratto cambiano con l’età e con quello che scopro di me.
Se ho una routine di scrittura?
Certo, ma mica ve la spiego!
Oggi condivido con voi un’intervista che mi è stata proposta sul forum della mia casa editrice.
Niente di impegnativo, ma penso che sia molto interessante condividerla per avere le idee un po’ più chiare sul mondo del self publishing.
Buona lettura.
Per te che cosa significa essere uno scrittore che si autopubblica?
Significa impegnarsi in un lavoro che è pari a quello che uno scrittore fa quando si affida a una casa editrice, sia essa a pagamento oppure no.
Occorrono dedizione, progettualità, capacità imprenditoriali, appoggiarsi a uno staff di aiutanti se necessario, pazienza e umiltà.
Come hai scoperto e ti sei avvicinata al self-publishing?
L’ho scoperto perché volevo gestire il mio lavoro in modo indipendente e chiaro nell’ambito della remunerazione.
Attraverso Kobo Writing Life ho trovato questo e molto altro.
Quali sono, a tuo parere, i miti da sfatare attorno al self-publishing?
Il primo è che sia una forma di editoria inferiore alle case editrici a pagamento.
Non è assolutamente vero. Si muovono attraverso fasi di elaborazione diverse ma alla fine il risultato è lo stesso: si giunge alla pubblicazione di un libro.
Il secondo mito da sfatare è che i libri pubblicati in self non sono sottoposti alla revisione: ogni piattaforma self mette a disposizione (ovviamente a pagamento) uno staff di revisione, grafica e correzione di bozze. Lo scrittore self, inoltre, può anche affidarsi a queste figure in modo indipendente.
L’ultimo mito da sfatare è che un libro, per essere buono, deve essere pubblicato da una casa editrice con un nome altisonante.
Se un libro è scritto bene, piace a prescindere dal suo editore.
Pensi che sia necessario leggere e frequentare dei corsi di scrittura creativa per scrivere bene?
Leggere sì.
Frequentare un corso di scrittura creativa no.
O sai scrivere o cambi mestiere.
Che rapporto hai con la scrittura e come è cambiato nel tempo? Hai una routine?
Il mio rapporto con la scrittura è in continua evoluzione, i temi che tratto cambiano con l’età e con quello che scopro di me.
Se ho una routine di scrittura?
Certo, ma mica ve la spiego!
Sei d'accordo quando si dice che per essere un bravo scrittore bisogna avere subito un trauma?
Parlando a livello personale, direi proprio di sì, ma è un discorso che vale per qualsiasi artista.
Citando Stephen King, ritengo che ha perfettamente ragione quando dice che se hai avuto un'infanzia felice, non hai niente da scrivere.
C’è qualcosa, secondo te, che distingue gli autori e le autrici in self da quelli “tradizionali”?
No.
Come dicevo sopra, il lavoro e l’impegno sono medesimi.
Quanto sono importanti, secondo te, i servizi editoriali: copertina, correzione di bozze, editing? Come gestisci queste fasi per i suoi titoli?
Sono importanti tanto quanto lo scrivere.
Diciamo che scrivere il libro è la fase più facile, poi occorre rimboccarsi le maniche e impegnarsi nelle altri fasi.
La più difficile, logicamente, è la revisione: si deve essere umili, accettare i consigli, correggere gli errori e impegnarsi per rendere al meglio il lavoro fatto.
Poi si passa all’impaginazione, alla copertina e all’editing.
E quindi via con la pubblicità su blog, siti, social e passaparola perché un libro non si vende stando seduti sugli allori.
Continuerai a scrivere?
E chi ha mai smesso!
Ho semplicemente cambiato nome, tutto qui. Volete sapere qual è?
Non ve lo dico, così a certi furbetti non viene più in mente di fare campagne di odio contro di me.
Che quegli sfigati se ne stiano seduti dietro i loro schermi a guardare il nulla delle loro esistenze.
*****
Post scriptum: di recente è deceduto un mio caro amico blogger. Ho trovato altamente squallido che certa gente, che in passato lo aveva denigrato e gli aveva lanciato contro parole colme di odio, si siano precipitati a scrivere condoglianze smielate. L'ipocrisia del mondo contemporaneo.